lunedì 12 agosto 2013

Il divenire dei tempi e degli eventi storici





Il problema del tempo si traduce per l'occidente nel problema stesso della storia, ossia nella situazione per la quale il carattere assolutamente nuovo degli eventi della tarda modernità inizia a reclamare una sistemazione diversa e per la quale il vecchio contenitore della storia si dimostra non più idoneo.
La storia quale creazione precipuamente umana viene così spinta ai suoi confini significanti, sedotta ed infine abbandonata dal mito del progresso e va a pagare il prezzo alto di tutte le emancipazioni reclamate nel tempo, senza potersi costituire, da sola, in maniera autonoma. Il mondo secolarizzato in balia dell'accelerazione tecnica non riesce più a definire se stesso, gli vengono a mancare parole che non sono già state bruciate da un uso fallimentare e, per quanto cerchi punti di appoggio, la storia stessa non contiene più alcuna redenzione possibile.






Infatti sin dal rinascimento, la storia è stata sinonimo di divenire teleologico, principio in funzione del quale gli avvenimenti continuavano a prodursi ed a trovare la propria cogenza foriera di ordine e significato.
Oggi invece che hanno perduto il loro valore unico ed irripetibile, il quid di evento, le stesse azioni umane si qualificano come sappiamo, solo in base alla loro utilità complessiva, al loro puro automatismo della funzione, quindi alla loro assoluta ed arbitraria anticipabilità o posticipabilità.


martedì 6 agosto 2013

La lezione di Alexis De Tocqueville




Mi è capitato nelle ultime settimane di ripensare e rileggere la grande lezione civile e politica di Alexis De Tocqueville.
Nel suo studio sugli Stati Uniti e sulla loro società politica, egli capì che era necessario, “scegliendo gli argomenti”, presentare soltanto argomenti che avessero un rapporto più o meno diretto con lo stato politico e sociale della Francia. In questo modo sarebbe stato positivo ogni sviluppo che avesse gettato luce su quei problemi francesi di libertà e uguaglianza che si sintetizzano in una parola sola: DEMOCRAZIA.

Il titolo dell’opera  sarebbe stato “La democrazia in America”.



Sono interessanti specie i primi 2 volumi dove Tocqueville tratta dell’influenza della democrazia sulle istituzioni e i costumi politici degli americani e dell’influenza della democrazia sulle idee, i sentimenti e i costumi privati degli americani. Inoltre vanno aggiunti 8 capitoli di ricapitolazione, riassumendo l’influenza della democrazia sulle idee, i sentimenti e i costumi privati degli americani.
Ciò che ha colpito maggiormente Tocqueville negli Stati Uniti è stata l’uguaglianza delle condizioni.
Lo sviluppo graduale dell’uguaglianza delle condizioni è un fatto provvidenziale, ne ha tutti i caratteri principali, è UNIVERSALE, è DURATURO, sfugge costantemente al potere umano; tutti gli avvenimenti, come tutti gli uomini, servono al suo sviluppo”.
E’ a questo punto che Tocqueville si domanda:

1.     Sarebbe saggio credere che un movimento sociale che viene da così lontano possa essere interrotto dagli sforzi di una generazione?

2.       È ammissibile pensare che, dopo aver distrutto la feudalità e vinto i re, la democrazia indietreggerà di fronte ai borghesi e ai ricchi?

3.       Indietreggerà ora che è divenuta così forte e i suoi avversari così deboli?


La prospettiva di questa rivoluzione democratica gli ispira una sorta di terrore religioso. Infatti gli sembra che sia in gioco Dio stesso…
Dio ha voluto questo progredire verso l’uguaglianza delle condizioni, al punto tale che pretendere di arrestare la democrazia sarebbe lottare contro Dio stesso, attaccandosi ad un passato che Dio stesso respinge. La volontà di Dio non è che i popoli cristiani si sforzino di dirigere il movimento ineluttibile che li trasporta?
E’ proprio con la società democratica  che si è realizzato il superamento del vecchio sistema, quello della società aristocratica. Essa se ben costruita dovrebbe portare ad una felicità ancora maggiore di quella procurata dalla società aristocratica. Per questo fine sarebbe sufficiente che lo stato egualitario fosse garantito e protetto dalla legge. Si avrebbe sicuramente meno splendore, ma anche meno miseria, meno ignoranza, piaceri meno estremi, ma un benessere più generale. Tocqueville dice a questo proposito: ”La Nazione nel suo complesso sarà meno brillante, meno gloriosa, meno forte, forse; ma la maggioranza dei cittadini vi godrà di una sorta più prospera ed il popolo vi si mostrerà pacifico, non perché disperi di stare meglio, ma perché sa di stare bene”.
In riferimento al contesto europeo, la realtà è che la democrazia è stata abbandonata ai suoi istinti selvaggi e della società si conoscono soltanto i vizi e le miserie.
L’analisi di Tocqueville in questo senso si fa sempre più puntuale e stringente allorquando egli sottolinea la qualità e l’eccellenza dei suoi funzionari pubblici:” non saprei immaginare nessuno di più semplice nei modi di fare, di più accessibile a tutti, di più attento alle richieste, di più civile nelle risposte di un uomo pubblico negli Stati Uniti”.
Dei funzionari statunitensi Tocqueville ammira non soltanto la dedizione al lavoro, ma soprattutto la loro capacità di non porsi al di sopra dell’ordinario cittadino: essi sono aperti e disponibili alle richieste che provengono dall’esterno.
Con dispiacere, amarezza, ma lucida visione critica, osserva quanto sia diverso il comportamento dei funzionari pubblici europei, pronti al dileggio degli interlocutori e dei frequentatori dei loro uffici, interessati soprattutto a mettere in luce la superiorità dei loro ruoli, i benefici e gli attributi che ne derivano.
E’ fin troppo evidente che non si può restare insensibili se pensiamo alla storia recente del nostro Paese e a quanto tali considerazioni risalenti al quinquennio 1835-1840 siano tremendamente e aggiungo drammaticamente reali, realistiche e stringenti nella lettura della nostra realtà quotidiana.
Si tratta di una questione che riguarda molto da vicino la cosiddetta etica nella vita pubblica.
L’auspicio anche piuttosto romantico e idealistico sarebbe che il pensiero di Tocqueville potesse fungere da faro illuminante per la strada maestra dei nostri governanti ed amministratori, sebbene la realtà sia ben diversa, nonostante i moniti e i richiami formali da più parti auspicati.
Il problema e le soluzioni ideali non sono facilmente individuabili come è facile intuire, la questione è evidentemente complessa sia come lettura che come proposta di solving problem. Sicuramente è un problema culturale, di scarsa sensibilità politica e sociale di un’intera e forse più di una generazione politica.
Ma non solo forse…
Ci sarebbe da augurarsi quanto prima un nuovo anno 0 nella vita culturale, politica e sociale di questo Paese, in un processo di rinnovamento strutturale che partisse dal basso, dal singolo individuo per salire di livello fino alle strutture centrali del potere.
Certo, un sogno forse, uno di quei sogni chiamati utopia.
Può darsi…
Come ho iniziato, mi piace terminare questo post, appoggiandomi nuovamente al pensiero di Tocqueville e ricordando il “suo” sillogismo costitutivo delle società complesse: la salvaguardia della democrazia implica lo sviluppo di una capillare partecipazione dei cittadini alla vita della comunità civile.
Il mio augurio è che questo monito possa rappresentare una nuova base di partenza nella vita di tutti.