Mi è capitato nelle ultime settimane di ripensare e
rileggere la grande lezione civile e politica di Alexis De Tocqueville.
Nel suo studio sugli Stati Uniti e sulla loro società
politica, egli capì che era necessario, “scegliendo
gli argomenti”, presentare soltanto argomenti che avessero un rapporto più
o meno diretto con lo stato politico e sociale della Francia. In questo modo
sarebbe stato positivo ogni sviluppo che avesse gettato luce su quei problemi
francesi di libertà e uguaglianza che si sintetizzano in una parola sola:
DEMOCRAZIA.
Il titolo dell’opera
sarebbe stato “La democrazia in
America”.
Sono interessanti specie i primi 2 volumi dove Tocqueville
tratta dell’influenza della democrazia sulle istituzioni e i costumi politici
degli americani e dell’influenza della democrazia sulle idee, i sentimenti e i
costumi privati degli americani. Inoltre vanno aggiunti 8 capitoli di
ricapitolazione, riassumendo l’influenza della democrazia sulle idee, i
sentimenti e i costumi privati degli americani.
Ciò che ha colpito maggiormente Tocqueville negli Stati
Uniti è stata l’uguaglianza delle condizioni.
“Lo sviluppo graduale
dell’uguaglianza delle condizioni è un fatto provvidenziale, ne ha tutti i
caratteri principali, è UNIVERSALE, è DURATURO, sfugge costantemente al potere
umano; tutti gli avvenimenti, come tutti gli uomini, servono al suo sviluppo”.
E’ a questo punto che Tocqueville si domanda:
1. Sarebbe saggio credere che un movimento
sociale che viene da così lontano possa essere interrotto dagli sforzi di una
generazione?
2. È ammissibile pensare che, dopo aver
distrutto la feudalità e vinto i re, la democrazia indietreggerà di fronte ai
borghesi e ai ricchi?
3. Indietreggerà ora che è divenuta così forte
e i suoi avversari così deboli?
La prospettiva di questa rivoluzione democratica gli ispira una sorta di terrore religioso.
Infatti gli sembra che sia in gioco Dio stesso…
“Dio ha voluto questo
progredire verso l’uguaglianza delle condizioni, al punto tale che pretendere
di arrestare la democrazia sarebbe lottare contro Dio stesso, attaccandosi ad
un passato che Dio stesso respinge. La volontà di Dio non è che i popoli
cristiani si sforzino di dirigere il movimento ineluttibile che li trasporta?”
E’ proprio con la
società democratica che si è
realizzato il superamento del vecchio sistema, quello della società aristocratica.
Essa se ben costruita dovrebbe portare ad una felicità ancora maggiore di
quella procurata dalla società aristocratica. Per questo fine sarebbe
sufficiente che lo stato egualitario fosse garantito e protetto dalla legge. Si
avrebbe sicuramente meno splendore, ma anche meno miseria, meno ignoranza,
piaceri meno estremi, ma un benessere più generale. Tocqueville dice a questo
proposito: ”La Nazione nel suo complesso
sarà meno brillante, meno gloriosa, meno forte, forse; ma la maggioranza dei
cittadini vi godrà di una sorta più prospera ed il popolo vi si mostrerà
pacifico, non perché disperi di stare meglio, ma perché sa di stare bene”.
In riferimento al contesto europeo, la realtà è che la
democrazia è stata abbandonata ai suoi istinti selvaggi e della società si conoscono
soltanto i vizi e le miserie.
L’analisi di Tocqueville in questo senso si fa sempre più
puntuale e stringente allorquando egli sottolinea la qualità e l’eccellenza dei
suoi funzionari pubblici:” non saprei
immaginare nessuno di più semplice nei modi di fare, di più accessibile a
tutti, di più attento alle richieste, di più civile nelle risposte di un uomo
pubblico negli Stati Uniti”.
Dei funzionari statunitensi Tocqueville ammira non soltanto
la dedizione al lavoro, ma soprattutto la loro capacità di non porsi al di
sopra dell’ordinario cittadino: essi sono aperti e disponibili alle richieste
che provengono dall’esterno.
Con dispiacere, amarezza, ma lucida visione critica, osserva
quanto sia diverso il comportamento dei funzionari pubblici europei, pronti al
dileggio degli interlocutori e dei frequentatori dei loro uffici, interessati
soprattutto a mettere in luce la superiorità dei loro ruoli, i benefici e gli
attributi che ne derivano.
E’ fin troppo evidente che non si può restare insensibili se
pensiamo alla storia recente del nostro Paese e a quanto tali considerazioni
risalenti al quinquennio 1835-1840 siano tremendamente e aggiungo
drammaticamente reali, realistiche e stringenti nella lettura della nostra
realtà quotidiana.
Si tratta di una questione che riguarda molto da vicino la
cosiddetta etica nella vita pubblica.
L’auspicio anche piuttosto romantico e idealistico sarebbe
che il pensiero di Tocqueville potesse fungere da faro illuminante per la
strada maestra dei nostri governanti ed amministratori, sebbene la realtà sia
ben diversa, nonostante i moniti e i richiami formali da più parti auspicati.
Il problema e le soluzioni ideali non sono facilmente
individuabili come è facile intuire, la questione è evidentemente complessa sia
come lettura che come proposta di solving problem. Sicuramente è un problema
culturale, di scarsa sensibilità politica e sociale di un’intera e forse più di
una generazione politica.
Ma non solo forse…
Ci sarebbe da augurarsi quanto prima un nuovo anno 0 nella
vita culturale, politica e sociale di questo Paese, in un processo di
rinnovamento strutturale che partisse dal basso, dal singolo individuo per
salire di livello fino alle strutture centrali del potere.
Certo, un sogno forse, uno di quei sogni chiamati utopia.
Può darsi…
Come ho iniziato, mi piace terminare questo post, appoggiandomi
nuovamente al pensiero di Tocqueville e ricordando il “suo” sillogismo costitutivo delle società complesse: la
salvaguardia della democrazia implica lo sviluppo di una capillare
partecipazione dei cittadini alla vita della comunità civile.
Il mio augurio è che questo monito possa rappresentare una nuova
base di partenza nella vita di tutti.