lunedì 1 luglio 2013

La comunicazione ai tempi dei Social Network




Sostiene Donati (noto sociologo relazionista) che l’attuale società “è (e diventa) dopo moderna se e nella misura in cui si prende sul serio la originarietà e l’originalità della relazione sociale, la vede e la agisce, collocando la comunicazione dentro la relazione, non già facendo della relazione il sottoprodotto o sovrastruttura della comunicazione” .
Entrano così in gioco nella situazione comunicativa una serie di elementi relativi sia ai soggetti coinvolti che al contesto.
Ad esempio, la riflessione filosofica lega la comunicazione alla natura stessa dell’uomo, al suo bisogno di “relazionarsi” che nasce dall’esigenza di superare il proprio io. Quindi la possibilità del singolo di ampliare il proprio orizzonte passa attraverso il rapporto comunicativo, dunque l’attività del comunicare costituisce il  proprio progetto di vita.
Però a fronte delle nuove tecnologie della comunicazione si pone il problema se sia possibile parlare di una nuova forma di relazione in cui sparisca la dimensione corporea sostituita dal mondo virtuale costruito dalla tecnologia.
Si tratta di un quesito posto da oltre un decennio, ma che l’attuale evoluzione delle cosiddette comunità virtuali di cui i “social network” rappresentano l’ultima frontiera, farebbero propendere per una risposta affermativa.
E’ la riflessione antropologica a porre l’accento sull’esigenza della nostra società di appartenenza degli individui attraverso la costruzione di nuovi miti come per esempio le comunità virtuali che si formano attraverso Internet. Dunque, accanto a una considerazione puramente “informazionale” della comunicazione intesa come trasmissione dei dati, non si può restare indifferenti al fatto che lo scambio comunicativo produca una serie di fenomeni di ampio raggio e quindi divenga centrale parlare del contesto relazionale entro cui solo è possibile comprendere interamente il significato fondamentale che la comunicazione ha per l’uomo.
E’ stato McLuhan per primo a parlare di villaggio globale come un nuovo ambiente caratterizzato dall’ossessione comunicativa, dalla necessità di essere in contatto perennemente con l’enorme quantità di informazioni disponibili. Quindi “grazie ai mezzi di comunicazione moderni, che consentono di congiungere tra loro in tempo reale i punti più lontani del pianeta, il mondo si è rimpicciolito al punto da poter essere paragonato a un villaggio”.




Però McLuhan va oltre, affermando che “il villaggio globale non nasce semplicemente da una crescita tecnica, ma è frutto di un processo rivoluzionario, quello che ha portato a un’esplosione dell’umanità occidentale che ha imposto il suo dominio a tutta la Terra.
I media elettronici soprattutto, con la nascita della televisione e con lo sviluppo dell’informatica stanno condizionando questo processo e rovesciandolo nel suo contrario: un’implosione che comporta un riavvicinamento tra le culture un tempo lontane e un ritorno a forme e abitudini orali apparentemente superate dallo sviluppo dell’alfabetizzazione” .




Con il progredire degli studi sui media si è in seguito registrato un incremento delle indagini finalizzate alla comprensione dei linguaggi e delle forme utilizzate dai mass media.
McLuhan sosteneva che “tutti i media sono metafore attive in quanto hanno il potere di tradurre l’esperienza in forme nuove. La parola parlata è stata la prima tecnologia grazie alla quale l’uomo ha potuto lasciare andare il suo ambiente per afferrarlo in modo nuovo. Le parole sono una forma di ricupero d’informazione che può estendersi a grande velocità alla totalità dell’ambiente e dell’esperienza. Sono complessi sistemi di metafore e simboli che traducono l’esperienza nei nostri sensi. Sono una tecnologia della chiarezza. Grazie alla traduzione in simboli vocali dell’immediata esperienza sensoriale, è possibile evocare e ricuperare in ogni istante il mondo intero.”  
Nell’era che McLuhan definiva “elettrica”  entriamo in contatto sempre più profondamente nella forma dell’informazione e avanziamo verso l’estensione tecnologica della conoscenza, cioè “siamo in grado di tradurci sempre più in altre forme espressive che sono al di là di noi. L’uomo è una forma di espressione dalla quale ci si aspetta per tradizione che ripeta se stessa ed echeggi l’elogio del suo creatore. L’uomo, con la traduzione verbale, ha il potere di riverberare il tuono divino.” 
Secondo McLuhan, “così come in fisica e in chimica, quando aumentano i livelli di informazione, è possibile usare combustibile, tessuto o materiale edilizio, così con la tecnologia elettrica tutti gli oggetti solidi possono divenire concreti beni di consumo grazie a quei circuiti d’informazione inseriti negli schemi organici che noi chiamiamo “automazione” e ricupero d’informazione. Nel regime della tecnologia elettrica il compito dell’uomo diventa quello di imparare e di sapere.” 
Se pensiamo al fatto che tali riflessioni del sociologo canadese risalgono al 1968, capiamo quanto queste previsioni fossero centrate nella misura in cui il mezzo tecnologico determina i caratteri strutturali della comunicazione, producendo effetti pervasivi sull’immaginario collettivo, indipendentemente dai contenuti dell’informazione di volta in volta veicolata, per cui come sosteneva McLuhan “il medium è messaggio”.
Pensiamo solo a come Internet ha rivoluzionato tutto ciò teorizzato dal sociologo più di 40 anni fa e con tutte le tappe evolutive che hanno segnato il processo e il divenire delle varie comunità virtuali, inizialmente chat e forum per poi passare ai vari servizi di “instant messagging”, fino all’ultima frontiera costituita dai social network (in primis facebook e twitter, ma non solo) che ci fanno vedere quanto queste nuove forme relazionali siano invasive e pervasive sull’immaginario collettivo.




Nel tempo, la tecnologia delle telecomunicazioni e quella dei personal computer, sotto la spinta dell’evoluzione delle tecnologie elettroniche, tendono a convergere verso un unico filone tecnologico che è quello della telematica che non è altro che  il risultato della sinergia tra le tecnologie di trasporto delle informazioni e le loro tecniche di trattamento.
Pensiamo solamente al livello di integrazione anche tra i vari social network e le varie tipologie di applicazioni informatiche condivisibili anche a livello di dispositivi mobili.





Ormai il livello di penetrazione di sviluppo tecnologico applicato alla telematica è tale da aver prodotto una rivoluzione prima di tutto culturale negli individui e nella loro vita sociale e associativa, pari se non superiore a quella rivestita anni fa dalla televisione e dai primi elettrodomestici.
Ormai la questione circa la connettività e la reperibilità in tempo reale affianca la vita di ogni individuo.





Quasi tutti abbiamo ormai la possibilità di essere sempre connessi e contattabili anche on line: pc, cellulari, dispositivi mobili, smart TV.





Solo fino a pochi anni fa la questione sociologica che mi ponevo era sul dilemma, sul rapporto/antitesi tra virtuale e reale e su quali implicazioni reali e possibilità di intervento concreto abbia la possibilità di conoscere situazioni anche molto lontane da noi.
Quello che mi domando negli ultimi anni, anche alla luce dello sviluppo dei vari social network e di una connettività sempre disponibile a 360°, per cui ognuno di noi è sempre connesso e reperibile e interattivo, è se tutto ciò può contribuire ad una nuova forma di umanità e/o socialità, o se può rappresentare una graduale perdita di umanità/socialità in queste nuove forme di relazione sociale nella dissoluzione con il vivere reale e con la tradizionali forme di relazione.





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