lunedì 22 luglio 2013

Informazione e Comunicazione


Questo mio nuovo articolo trae spunto dal mio precedente post "Dalla comunicazione di massa al caso DATAGATE" per approfondire opportunatamente alcuni aspetti significativi intorno al tema informazione e comunicazione.
Vorrei partire dal Libro Bianco del 1994 ("Crescita, competitività, occupazione - Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo") per sottolineare la rilevanza, la centralità e la progressiva pervasività della cosiddetta Società dell'Informazione, concepita come apertura di una realtà multimediale portatrice di profondi mutamenti strutturali, pari a quelli della prima rivoluzione industriale.
Essa nasce laddove i servizi offerti dalle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni fungono da supporto alle attività umane, rappresentando anche un'importante opportunità occupazionale, perché grazie ad un accesso più diretto, ma anche razionale dell'informazione, sarà più semplice individuare e valutare l'attività economica ed essere concorrenziali.
E' evidente che il passaggio e l'approdo verso una società dell'informazione ha richiesto notevoli capacità di adattamento. Infatti è importante non sottovalutare il rischio di esclusione culturale o di una società a due velocità ed è in questa direzione che stanno andando direttive specifiche per arrivare ad una società più democratica, risolvendo prima di tutto la questione sulla disparità nella diffusione delle tecnologie e nell'alfabetizzazione informatica.
L'attuale situazione della nostra società avanzata è tale per cui la quantità di informazione disponibile e utilizzabile per la produzione di beni e servizi è ormai così sterminata da doversi necessariamente riferire alle macchine, alle memorie artificiali, come solo possibile "soggetto" in grado di contenerla e dominarla adeguatamente. L'Unione Europea parla oggi di una "Società della Conoscenza" come orizzonte direttivo delle sue politiche comunitarie di istruzione, divulgazione, educazione degli adulti, con il proposito di vincere le sfide del mercato globale che richiede una diffusa capacità di utilizzare i nuovi mezzi prodotti dalle tecnologie.
Però la nostra società è sempre più un "villaggio globale" direbbe McLuhan, dove globalità e globalizzazione sono componenti essenziali del nostro vivere sociale e pertanto siamo circondati da un ampio e complesso orizzonte informativo che risulta difficilmente governabile se non disponiamo di strumenti adeguati per operare e dunque diviene centrale razionalizzare le informazioni da reperire, a maggior ragione in seguito al fenomeno Internet che ha posto a fianco delle tradizionali fonti cartaceo-bibliografiche quelle multimediali.
Quindi razionalizzare le informazioni è una tappa essenziale ai fini dell'acquisizione di un'adeguata e corretta comunicazione che è uno dei settori in cui si sta investendo sempre di più anche come funzione integrante dell’attività imprenditoriale, perché sostanzialmente, nella logica di mercato, l’informazione è potere.
La comunicazione deve poter essere sempre considerata come strumento, cioè “quando si comunica non basta riuscire a comunicare, occorre che la comunicazione raggiunga il risultato per il quale è strumento. Il risultato è il metro della comunicazione.” 
Diviene dunque indispensabile comunicare per rendere trasparenti i percorsi decisionali, evidenziare le opportunità, garantire a tutti pari condizioni, “perché ciascuno di noi sia cosciente dei propri diritti e quindi più disponibile ai propri doveri.” 
Una tale comunicazione per radicarsi e svilupparsi nella società civile, deve sapere e potere interagire con quella di mercato, ma soprattutto essere alimentata da una pluralità di soggetti del nostro vivere associato, cioè “deve fare esattamente l’opposto della comunicazione di mercato che non cerca partner ma solo opportunità e clienti.” 
Tuttavia, secondo Luhmann , lo sviluppo di tali mezzi di comunicazione non implica un semplice aumento quantitativo della comunicazione, ma ne modifica anche le modalità. “Il punto su cui una tale modificazione fa leva può essere colto tenendo conto del fatto che la comunicazione presuppone che venga recepita la differenza fra atto del comunicare e informazione. L’esperienza di questa differenza non è necessariamente data come una realtà univoca; può essere anche presente in forma più o meno distinta. Solo così è possibile un’evoluzione graduale verso la creazione, mediante differenziazione, di sistemi (sociali) specificamente comunicativi. E’ in questo punto che i mezzi di comunicazione influiscono sull’evoluzione socio-culturale.” 
Dunque, “la circolazione delle informazioni e l’efficienza dei sistemi di comunicazione diventano essenziali per il rafforzamento del benessere collettivo.” 
La comunicazione è quindi un atto relazionale.
Quando si va alla ricerca di un significato più profondo di comunicazione ci si imbatte nella dimensione dialogica, quindi nel rapporto interpersonale. Secondo Donati infatti, nella società la comunicazione è una dimensione della relazione sociale che si configura come “relazionamento sempre problematico dei seguenti elementi; valori, forme del riferimento fra valori, scopi e mezzi” . Infatti egli sostiene che i processi di comunicazione sono dei nodi cruciali proprio per il “farsi delle relazioni sociali” .
La comunicazione si presenta come prospettiva dinamica del sociale che non può essere disgiunta dai mezzi tecnici che la veicolano, dai valori della cultura cui afferisce il contenuto della comunicazione specifica e quello che è il suo “contesto situazionale”, sostiene Donati.
Non si tratta quindi di una realtà oggettivamente data, ma “si tratta soltanto di cogliere la tipicità della comunicazione nella società come una dimensione della relazione sociale” .
Abbiamo dunque a che fare con una prospettiva completamente desoggetivizzata come rileva Donati, perché il centro dell’analisi è focalizzato sul sistema.
Il riferimento alla relazione che costituisce la premessa, o come la definisce Donati, la precondizione della comunicazione, sparisce all’interno del complesso della rete. Se non c’è rapporto, non può esservi comunicazione e il rapporto è relazione fra i soggetti.
Secondo il noto sociologo occorre definire il concetto di comunicazione secondo una prospettiva che non dissolva la natura del fenomeno e la possibilità di coglierlo da un punto di vista sociologico e dunque ecco l’importanza del paradigma relazionale che propone appunto di studiare il sociale in quanto relazione. 
Sostiene infatti Donati che l’attuale società “è (e diventa) dopo moderna se e nella misura in cui si prende sul serio la originarietà e l’originalità della relazione sociale, la vede e la agisce, collocando la comunicazione dentro la relazione, non già facendo della relazione il sottoprodotto o sovrastruttura della comunicazione” .
A fronte delle nuove tecnologie della comunicazione si pone il problema se sia possibile parlare di una nuova forma di relazione in cui sparisca la dimensione corporea sostituita dal mondo virtuale costruito dalla tecnologia.
E’ la riflessione antropologica a porre l’accento sull’esigenza della nostra società di appartenenza degli individui attraverso la costruzione di nuovi miti come per esempio le comunità virtuali che si formano attraverso Internet. Dunque, accanto a una considerazione puramente “informazionale” della comunicazione intesa come trasmissione dei dati, non si può restare indifferenti al fatto che lo scambio comunicativo produca una serie di fenomeni di ampio raggio e quindi divenga centrale parlare del contesto relazionale entro cui solo è possibile comprendere interamente il significato fondamentale che la comunicazione ha per l’uomo.
Affinché però si possa realmente parlare di comunicazione è necessario che vi sia uno scambio, occorre utilizzare un linguaggio comune, assumere il punto di vista dell’altro, riconoscergli caratteristiche specifiche e reagire al feedback che l’altro invia. E’ dunque necessario controllare il proprio linguaggio in rapporto al comportamento altrui.
La decodifica del messaggio assume un’importanza fondamentale: emittente e ricevente devono poter condividere le stesse competenze relative ai vari livelli che fondano la significazione del messaggio. Dunque sintetizzando, nel caso dell’informazione rileviamo una trasmissione di dati, di informazioni, mentre nel caso della comunicazione uno scambio, una condivisione, tecnicamente definita “feed-back”. E’ proprio a questo proposito che Watzlawick sottolinea come il comportamento non abbia un suo opposto, cioè “non esiste un qualcosa che sia un non-comportamento o, per dirla anche più semplicemente, non è possibile non avere un comportamento. Ora, se si accetta che l’intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare.”  
Infatti non si può sostenere che la comunicazione abbia luogo solamente quando è intenzionale, cioè “quando si ha la comprensione reciproca.” 
Secondo Watzlawick dunque, si può postulare un assioma metacomunicazionale della pragmatica della comunicazione e cioè che non si può non comunicare.
Un altro assioma asserisce che ogni comunicazione implica un impegno e dunque definisce la relazione, quindi, una comunicazione trasmette non soltanto informazione, ma al tempo stesso un comportamento.
L’aspetto di notizia di un messaggio trasmette informazione ed è quindi sinonimo nella comunicazione umana del contenuto del messaggio. […] In realtà, sembra che quanto più una relazione è spontanea e sana, tanto più l’aspetto relazionale della comunicazione recede sullo sfondo. Viceversa, le relazioni malate sono caratterizzate da una lotta costante per definire la natura della relazione, mentre l’aspetto di contenuto della comunicazione diventa sempre meno importante.” 
Un osservatore esterno può “considerare una serie di comunicazioni come una sequenza ininterrotta di scambi.” , dunque “la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti.”  
In riferimento alla comunicazione umana, “Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha alcuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni.” 
Infine possiamo sostenere che “tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza.” 
Schatz sostiene che oggi tutto è comunicazione.
Nella civiltà che pensa, organizza e produce in rete, la comunicazione è una dimensione pervasiva, onnipresente, un rullo compressore. E’ quasi una religione.
La più grande offesa che un uomo possa fare al progresso è rinunciare al suo sacrosanto diritto di comunicare”  .
Il compito principale delle organizzazioni e della società è infatti creare dialogo. Attraverso la conversazione i soggetti scoprono ciò che sanno, lo condividono con i colleghi e in questo processo generano nuova conoscenza per l’organizzazione. La metodologia con la quale conversiamo è divenuta “il modo principale attraverso il quale apprendiamo, creiamo e gestiamo ciò che conosciamo” .
Come ha scritto Alan Webber, editore della Harvard Business Review, “la conversazione è il modo attraverso il quale le persone condividono e spesso creano ciò che conoscono, perciò il lavoro più importante della nuova economia è quello di creare conversazione”.
La capacità di comunicare si sta sempre più affermando come una delle principali competenze sia all’interno che all’esterno delle organizzazioni.
Proprio all’interno di tali organizzazioni si ridisegna dunque il ruolo del manager e cioè quello di “creare ambienti ed opportunità affinché le persone generino conversazioni produttive ed utili” .
E’ necessario dunque costruire un nuovo modo di comunicare creando un clima in cui le persone si sentano libere di confrontarsi su ciò che realmente sentono e pensano.
E’ il linguaggio dunque che consente all’uomo di comunicare, descrivere e parlare di cose esistenti, di avvenimenti passati, come pure di inventare, creare e analizzare cose non ancora esistenti. “La prima regola della comunicazione sostiene che noi possiamo cambiare il nostro comportamento comunicativo nei confronti degli altri, ma non possiamo chiedere agli altri di cambiare” .
Ogni comunicante è normalmente membro di un sistema esteso di comunicazione in un contesto che funge da ambito del gioco relazionale. “Gli individui costruiscono la realtà circostante attraverso un’attività cognitiva che è il frutto di processi collettivi a cui anche l’individuo partecipa in quanto membro di quei gruppi sociali” .
Nel comunicare dobbiamo comunque coordinarci con gli altri, il problema diventa quanto e in che modo comunichiamo, è quasi come se prima di mettere in atto la comunicazione tra due persone, queste dovessero trovare un tacito accordo reciproco. Solo in questo modo sarà quindi possibile uno scambio di informazioni attraverso il linguaggio.
L’esito finale del processo comunicativo non è quindi legato ai singoli sistemi di rappresentazione e di credenze, ma come a questi si coordinano nell’interazione. I partecipanti alla comunicazione hanno un ruolo attivo nel costruire il percorso che si snoderà come effetto delle loro interazioni.
L’aspetto importante in un processo di comunicazione è dato esclusivamente da ciò che l’interlocutore comprende, interpreta in modo da rispondere alle nostre richieste, ai nostri impulsi” .
Ogni comunicazione avviene tra un emittente e un ricevente: l’emittente codifica un messaggio attraverso un canale e il messaggio viene ricevuto da un ricevente. Il messaggio viene quindi reso attraverso l’utilizzo di uno o più codici.
Pertanto, “una singola unità di comunicazione sarà chiamata messaggio, oppure, dove non si presentano possibilità di confusione, una comunicazione. Una serie di messaggi scambiati tra persone sarà definita interazione.” 
Ogni comunicazione avviene sempre all’interno di un contesto, nessun elemento del messaggio può essere decodificato esattamente fuori dal suo contesto.
Il contesto si articola in varie componenti.
Una fondamentale è rappresentata dalla strutturazione del discorso che comprende da un lato la situazione fisica (per esempio l’ambiente fisico/virtuale), dall’altro i due interlocutori della comunicazione (cioè emittente e ricevente) e le loro caratteristiche su relativi piani sociale, economico, culturale e psicologico.
Ogni comunicazione inoltre, si caratterizza per il grado di formalità e per la direzionalità con cui si realizza.
Per quanto riguarda il grado di formalità abbiamo naturalmente “l’estremo della comunicazione formale, per esempio tra due persone che non si conoscono, oppure che hanno un rapporto di ruolo altamente formalizzato come tra un direttore e un suo dipendente in una grande azienda e abbiamo l’altro estremo, quello della comunicazione informale, come per esempio tra amici o familiari” .
Anche il canale usato per la trasmissione del messaggio determina la natura della comunicazione per intero e cioè i singoli mezzi usati per la codifica del messaggio, cioè il codice in cui il messaggio viene trasmesso.
Viviamo in quella che Luciano Gallino ha definito la E-society, dove si accumulano le novità, dove la telematica sta cambiando il modo organizzare il proprio lavoro, di interagire con le persone, di viaggiare in spazi e tempi virtuali.
Questa considerazione di Gallino è quanto mai significativa e centrale e al passo con i tempi se consideriamo quanto larga parte della nostra vita professionale, ma anche e soprattutto privata passi attraverso quelle che una decina di anni fa avremmo chiamato comunità virtuali e che oggi codifichiamo come Social Network.



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