Il knowledge management è una risorsa centrale nel governo delle organizzazioni complesse nel contesto della globalizzazione.
Uno dei massimi esperti del knowledge management, Laurance Prusak, ha dato i fondamentali di una teoria che pone al centro della necessità di governo da parte di organizzazioni complesse, la gestione della conoscenza. Secondo la prospettiva di Prusak, non è la produzione materiale, ma quella intellettuale a diventare la vera ricchezza del mondo: intorno alle competenze e alle attitudini, alla capacità di lavorare in gruppo per produrre creatività e quindi nuova conoscenza, si gioca la partita dello sviluppo e della competitività, non solo nel campo della produzione economica, ma in tutte le organizzazioni. In questo contesto egli colloca il suo ragionamento intorno alla necessità di intendere la conoscenza come una risorsa strategica, un potenziale che va sviluppato e razionalizzato ai fini del raggiungimento degli obiettivi delle organizzazioni.
Secondo Prusak, l'insieme, la sommatoria di tutte le forme di conoscenza, genera il sapere complessivo dell'individuo che ne fa un essere unico e irripetibile portatore di ricchezza all'interno dell'organizzazione. Il segreto dello sviluppo secondo Prusak sta nell'incentivare questo insieme di individui a collaborare e a creare all'interno delle organizzazioni delle comunità di conoscenza. La vera conoscenza a suo avviso risiede nei gruppi che riescono a scambiare i saperi individuali e a creare nuova conoscenza.
La questione centrale è come governare questi processi di sviluppo della conoscenza.
La soluzione all'interno di strutture organizzate è forse quella di sviluppare processi processi organizzativi orizzontali al posto di modelli gerarchico-verticali, così come ritenuto da Daniele Mezzana che ricorda come il KM non debba essere una tecnologia fine a sè stessa, ma debba essere utilizzata per agire sul mondo, per trasformare l'economia e la società, così come la conoscenza viene sempre solo attraverso l'azione e non il pensiero.
Non solo.
Luca Biggero, sottolinea come la conoscenza debba intendersi come il risultato di un'attività relazionale, reale o virtuale che sia. In questo senso appare evidente la centralità dei temi di rete e condivisione. In questo contesto ha osservato che "è importante vedere la conoscenza come scintilla che scocca solo quando si presentano differenze di potenziale: in una parola, la conoscenza nasce dalla presa di coscienza delle differenze".
Domenico Bogliolo si è spinto oltre parlando di un nuovo umanesimo, "una nuova centralità delle capacità umane a scapito della cieca fiducia nelle tecnologie e s'è anche stimolata la discussione sulla effettiva possibilità di governare un fenomeno così complesso e squisitamente culturale e quindi spirituale com'è la conoscenza".
Pertanto, così come ha anche ricordato da Giancarlo Quaranta, diviene essenziale per il mantenimento e il divenire del benessere della comunità e della società in generale, una corretta gestione della conoscenza, non come strumento di potere, ma al contrario, "come strumento di liberazione di energie oltre che come strumento di ricerca".
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